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Mostra di Alex Pinna - PRAC Leggero sì ... ma non troppo
Le opere di Alex Pinna non nascondono l’inquietudine della loro ideazione. La sottigliezza del tratto e la densità dei corpi e dei materiali declinati insieme esprimono la natura complessa del suo talento. E ne costituiscono il fascino. C’è qualcosa nelle opere di Alex che rimanda agli studi sulla struttura dell’immaginario ( Gilbert Durand). Accettare che sia la nostra mente a “deformare” la percezione visiva, dando testimonianza della fisionomia cognitiva di chi racconta, sostiene il senso delle sue originali creazioni. Alex incarna, nei tratti di matita e nei volumi, la sua personale avventura nel mondo, svelandoci come “un io- sognatore” possa tradurre l’esperienza reale in allegorie. Il mondo reale è, dunque, generato proprio dall’immaginazione ed è proprio per questo che ogni sua opera contempera sempre la concretezza dell’oggetto e la volatilità dell’idea. Certo, se ogni idea possiede una realtà sensibile insieme ad una ispirazione simbolica, non stupisce che la poetica di Pinna sveli subito la sua duplicità, senza mascherarne i contrasti con soverchi infingimenti. Essa contempera il tratto gotico della verticalizzazione, delle figure protese al cielo, dilatate, ingrandite nelle proporzioni e nei volumi, con il tratto romantico e lieve dei suoi disegni, con le trasparenze dei colori sulla tela, con la fluidità dell’“oggetto d’arte”. Geniali, ad esempio, le movenze degli omini arrampicati sulle tradizionali lampadine ad incandescenza, l’ironia di quelli “ubriachi” nelle bottiglie di champagne ed anche le sculture-foglia dall’identità così delicatamente femminile. Quella di Alex non è, quindi, una leggerezza per semplice sottrazione, ma è la complessità stessa della sua ideazione a produrre la ricchezza delle prospettive con le quali egli crea le sue opere. In esse sono riconoscibili le sfumature del pensiero che, per Italo Calvino, alludono alla “pensosità”. Alex è capace di porre in essere la “pensosità” in una sintesi vincente che tiene insieme le venature, gli accenni e le ombre dei disegni e degli acquarelli e la portanza materica delle opere in bronzo e delle opere pittoriche a tinte forti ed a colore pieno. La sua immaginazione realizza, quindi, figure suggestive ed inattese che - pur se molto differenti nei tratti e nei materiali, per cui nessuna forma riesce a prevalere sull’altra, annullandola - hanno sempre un’eleganza grafica che rimanda ad una storia unica, o meglio, “alla storia di una persona”. Alex si muove lungo un repertorio fantastico binario, che fissa il suo immaginario in forme inaspettate dove l’identità gotica e quella romantica sono contemporanee e complementari. Non posso dimenticare come esse dialoghino nelle originalissime opere in corda, dove il movimento non perde forza, pur essendo tali “creature” realizzate in un materiale così flessibile e duttile, ma si consolida “annodandosi” in intrecci imprevedibili ed intenzionali. Ed anche come trovino una loro sintesi nella grazia dei disegni su carta arrotolata e nel garbo, espresso nel bronzo, delle movenze femminili delle foglie accartocciate.

Della matita sulla carta
Se le immagini possono essere comprese solo attraverso associazioni di “fantasticherie”, dice Gaston Bachelard, quelle di Alex sono, allora, delle favole; hanno l’eloquenza del racconto. E’ questo il senso evocato dal tratto della matita sulla carta, dalle figure in negativo e, soprattutto, dai disegni che rinviano ad un immaginario fantastico ed infantile. Un disegno romantico che si intrattiene a conversare con Pinocchio, Felix the Cat e Mickey Mouse. Figurine lievi ed assorte che si stagliano in un paesaggio senza tempo né luogo. In esse c’è tutto l’immaginario infantile che ci rinvia al piacere dei ricordi. Rimandano - questi lavori in particolare - alla nostra esperienza generazionale, costruita in un’epoca per la prima volta pervasa delle immagini della cultura di massa. Niente ci appartiene di più di questi personaggi familiari, frequenti e comuni; nulla corrisponde all’ inventario delle nostre risorse immaginarie che - oggi uomini maturi nel nuovo millennio - abbiamo costituito a partire dagli anni Nei disegni, nei quadri, nelle carte di riso, Alex fa parlare liberamente la sua memoria generazionale, ma ciò non rende queste opere datate. Sono la testimonianza del permanere in lui ( ed in noi) di un nucleo d’infanzia che merita ancora di essere raccontato. Costituisce un ponte tra le esperienze infantili prodotte dalla civiltà dell’immagine nella quale viviamo ed i miti personali dell’immaginario individuale. Sono la nostra memoria del passato che rivive, grazie ad Alex, “in un’altra pagina”. Non c’è nulla di ingenuo, dunque, né di banale, in queste opere. Lo sforzo di decolorazione delle immagini, l’averle essenzializzate, l’averle immobilizzate in profili atemporali le ha liberate dalle scorie fumettistiche per farne degli archetipi. Ha attribuito ad esse il valore della narrazione, della concatenazione dei ricordi, della traduzione grafica di ogni nostra personalissima ricerca del tempo perduto. Alex ci permette di risarcire il nostro immaginario dall’impoverimento esistenziale che il mondo nel quale viviamo favorisce. Un mondo che sta annullando anche nell’arte i sentimenti. Li traduce in forme di oggettività neutrale ( come nella vittoria dei materiali e dei loro comportamenti plastici, ad esempio, e nella prevalenza della loro “riproducibilità tecnica”) oppure li maschera in forme di astrattismo che affidano il loro significato a sempre più arbitrarie interpretazioni. Nelle sue opere si riscopre il piacere dell’eleganza delle figure – nella leggerezza dei contorni come nella essenzialità dei volumi - in un mondo aggressivo, rumoroso, rampante, spesso sguaiato e sciatto. Così Alex ci accompagna a riconoscere nella dimensione fantastica il potere di crescita del gusto e dell’emozione e afferma quello che Durand chiama “il diritto al lusso della fantasia” al quale nessuno di noi dovrebbe essere costretto a rinunciare.

Della corposità
Contemporaneamente in Alex è presente la dimensione della corposità. Mentre nei tratti su carta o su tela ci colpisce la capacità di Alex di usare un linguaggio “senza peso” - tanto che solo raramente il colore assume una densità piena e spesso copre solo parzialmente la tela, conservandone sfumature e trasparenze -, nei suoi lavori in bronzo si impone la scelta di usare il linguaggio dei corpi per la loro gravità, ostentando i loro spessori, le potenti dimensioni corporee e le loro inusuali estensioni. Alex combina, sia nelle opere che ho definito “romantiche” che in quelle “gotiche”, le forme di immaginazione “senza corpo” con il movimento espresso in forma “materica” ( l’accartocciarsi delle sue sculture-foglia, ad esempio ). Tuttavia, le sue sculture non configgono con la leggerezza. Esiste una leggerezza della pensosità, riprendendo Calvino, che svela la dimensione grave del riflettere, ed Alex realizza opere inconsuete in bronzo che comunicano la levità non più soltanto attraverso un linguaggio “senza peso”, ma anche grazie alla compattezza, allo spessore ed alla gravità delle sue sculture che “sanno” di occupare un considerevole spazio nel mondo ( in particolare le opere fuori scala delle quali abbiamo un esempio, sia pure misurato, in questa mostra). Sono immagini mentali che Alex sottrae ad ogni “pesantezza e opacità”. Figure pensose ed assorte, colte nel momento della decisione del cammino da intraprendere, del primo passo da compiere. Colte nell’atto di manifestare la loro riflessione, esse esprimono la pensosità riconoscibile nell’attesa, nel ragionamento, nella concentrazione dell’uomo. Con tutta l’inquietudine che questi atti comportano. Nelle figure di Alex - sia disegnate, sia in corda o in bronzo – non vi è mai un uso incontrollato del movimento. Proprio quando la loro pensosità rimane fissata in posizioni che appaiono definitive, per così dire statuarie, il peso realizza a pieno la sua leggerezza ed, in alcuni casi, una sorta di gentilezza. Forme gotiche che, pur denunciando il tributo alla densità del materiale di realizzazione, sembrano appena tracciate, distese, estese, con lunghe gambe, con braccia protese in alto o con teste morbidamente piegate. Alex Pinna (www.alexpinna.org) nasce ad Imperia. Dopo essersi diplomato in pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, espone continuamente dal 1994 in mostre personali e collettive in Italia e all’estero Patrizia de Mennato vive a Napoli.  è professore ordinario di Pedagogia alla Facoltà di Medicina dell'Università di Firenze. Si occupa da tempo  delle Medical Humanities e dell'utilizzo  di arte e e del cinema nella formazione

Alex Pinna
opening: venerdì 9 ottobre 2015 | ore 19
dal 9 ottobre 2015 al 4 dicembre 2015
martedì-sabato dalle 17.00 alle 19.30

PRAC | piero renna arte contemporanea
via nuova pizzofalcone 2 | 80122 napoli

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